domenica 18 maggio 2014

Alessandro Citarella rieletto Coordinatore Campano dei Meridionalisti Democratici

Intervento di Alessandro Citarella
Il 17 maggio 2014, i coordinatori delle cinque province campane hanno rieletto Alessandro Citarella alla carica di Coordinatore Regionale dei Meridionalisti Democratici. In linea con la tabella di marcia stabilita dallo statuto, i Meridionalisti Democratici hanno completato le procedure amministrative che prevedono l’elezione della carica di Coordinatore Regionale entro il 31 maggio di ciascun anno. Lo statuto prevede il rinnovo delle cariche di Coordinatore Provinciale e di Segretario di Sezione prima dell’elezione del Coordinatore Regionale.

La riunione per l’elezione del Coordinatore Regionale si è tenuta a Castel Volturno (Caserta) alla presenza dei membri del Consiglio Generale, composto dalle varie cariche elette del Partito oltre ad alcuni membri aggiunti per le sezioni che superano i 20 iscritti.  Citarella ha presentato una relazione sullo stato dei Meridionalisti Democratici in Campania descrivendo le principali attività che hanno interessato le diverse strutture del Partito.  Nei 18 mesi che sono trascorsi dalla fondazione avvenuta a Ponte (Benevento) il 17 novembre 2012, i Meridionalisti Democratici hanno consolidato la loro presenza nelle cinque province campane, creando anche le premesse per uno sviluppo del Partito fuori dalla regione.

Gli invitati alla riunione regionale ascoltano la relazione di Citarella


Secondo Citarella, il radicamento del partito nelle zone dov'è presente va avanti in modo sistemico, “perché i nostri iscritti mettono sempre al primo posto gli interessi della gente dei nostri territori e non fanno meri calcoli partitici”. Per Citarella, “l’unità del fronte meridionalista può e deve avvenire attraverso la sottoscrizione di un programma comune e condiviso per il rilancio e il riscatto dei nostri territori, e non attraverso strani matrimoni o unioni di soggetti politici che spesso sono incompatibili fra loro”.  Citarella ha citato come punto di partenza i “dieci temi per il rilancio e il riscatto del Sud” proposto dall'Associazione per il Meridionalismo Democratico.

Durante il corso della riunione di Castel Volturno sono intervenuti diversi segretari di sezione, coordinatori provinciali e semplici iscritti.  Pubblichiamo di seguito l’intervento del presidente dei Meridionalisti Democratici, Domenico Capobianco, sul tema dello “sputtaNapoli” e “sputtaSud” attualmente in corso.


"SputtaNapoli": Intervento di Domenico Capobianco, presidente dei Meridionalisti Democratici

Sono indignato per quello che sta accadendo negli ultimi tempi, sembra che l’unico argomento che può garantire la prima pagina a giornalisti della carta stampata e delle televisioni sia quello di attaccare Napoli e con Napoli tutto il Sud. Il Mezzogiorno d’Italia è dipinto come il luogo del malaffare, ove prosperano Camorra, Mafia, e Ndrangheta, una terra dei fuochi senza regole e senza legge. Non che prima lo “sputtaNapoli” e quindi lo “sputtaSud” non esistesse, è sempre esistito da 153 anni a questa parte, ma negli ultimi tempi è diventato molto più violento ed intollerabile.

Il presidente Domenico Capobianco assieme
a Alessandro Citarella
Tutto ciò ovviamente non mi piace, ma non mi sorprende, perché dietro questi articoli giornalistici del tutto discutibili di tanti pennivendoli venduti allo strapotere mediatico tosco-padano, dietro a tanti servizi che vanno in onda sulle televisioni di stato e su quelle private si giocano enormi interessi economici, per difendere i quali bisogna dipingere il Sud come luogo di malaffare e di illegalità.

Che dire poi di un’altra sottile strategia per mortificare il Sud, quella di mettere a confronto nelle varie trasmissioni ad argomento socio-economico, politico o comunque di tipo culturale personaggi di prestigio quasi sempre del Nord, e personaggi folkloristico—macchiettisti quasi sempre del Sud, per far passare il messaggio che al Sud possiamo solo suonare il mandolino o cantare "O sole mio", perché la cultura è prerogativa del Nord, pensate che la Gelmini, quando era ministro dell’istruzione, aveva cancellato dai programmi scolastici tutti i più grandi Autori meridionali, alcuni dei quali premi Nobel per la letteratura, e se fosse stato possibile avrebbe chiuso le scuole al sud come fecero i suoi antenati nel 1861.

E’ di questi giorni l’approvazione di un emendamento in Commissione Vigilanza RAI , simpaticamente ribattezzato “Quote Sud”, che fissa un punto essenziale: la RAI sarà tenuta “a considerare il Sud al pari delle altre aree geografiche dell’Italia, specie per quanto concerne l’arte, la cultura, l’economia, l’informazione e l’attualità, tuttavia guardando alle specificità, storiche e politiche, che ne contraddistinguono le condizioni sociali; questo significa ammettere implicitamente che la nostra cara RAI ha sempre discriminato il Sud.

Il Mezzogiorno deve essere assistito, i suoi abitanti devono essere consumatori di prodotti padani, ma poiché la crisi ha colpito anche il Nord, questo ora non è più sufficiente, ora anche l’unico settore economico che era concesso al Sud, l’agroalimentare, deve essergli sottratto. Tutti ci ricordiamo della pubblicità razzista della Pomì "i nostri sono solo prodotti padani", con il preciso intento di sabotare i prodotti provenienti dal Meridione, omettendo di dire "ovviamente" che le terre dove coltivano i loro prodotti sono molto più inquinate della Terra dei Fuochi.  Allora discreditare il Sud serve a favorire gli interessi delle lobby tosco-padane, e a deresponsabilizzare le classi dirigenti. La delegittimazione del Sud infatti, può essere funzionale a scopi economici e politici, ribaltando la colpa sempre sui "Terroni", indolenti, senza voglia di lavorare, e senza iniziative, e che non hanno voglia di rimboccarsi le maniche.

Così, riportando un editoriale che ho letto qualche tempo addietro “un problema come la questione meridionale, diventa un problema fisiologico: per i razzisti biologici (Lombroso docet) sarà una tara genetica, per i razzisti culturali (Barbero docet) un problema di mentalità, ma il risultato non cambia. Siete Terroni e ve lo meritate.  Ed ecco che il Mezzogiorno, da questione socio-economica, diventa un problema etnico. A questo punto chi vorrà mai investire al Sud? E perché’ poi se sono tutti indolenti e criminali? Si tratta di un meccanismo sottile, involontario, che mira ad insinuarsi nel senso comune.”

E quando poi tifosi del Napoli hanno fischiato l’inno di Papele, pardon, di Mameli, apriti cielo, tutto ciò ha suscitato l’indignazione di autorità costituite, dei soliti giornalisti pennivendoli di regime, i quali, chissà perché non capiscono o fanno finta di non capire: perché mai i Meridionali dovrebbero amare l’inno di Papele? Pardon, Mameli, perché dovrebbero sentirsi romanticamente rapiti dalla retorica nazionale di una nazione che già dalla sua nascita si è divisa in due: madre amorevole che ha portato al Nord la ricchezza ed il potere, matrigna crudele che ha portato al Sud il lavoro duro, lo sfruttamento, l’emigrazione, la povertà. L’Italia non è una nazione unita: l’Italia è fatta di sfruttati al Sud, e di sfruttatori al Nord.  Sembra abbastanza naturale che i terroni figliastri, se capita loro di sentire l’inno italiano, cioè l’inno del Nord, non si commuovano per niente, anzi viene loro la voglia di fischiarlo.

Renzi ha affermato qualche ora fa che l’inno non va fischiato perché rappresenta l’Italia … appunto.

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I Meridionalisti Democratici hanno preso una serie di iniziative per contrastare lo "sputtaNapoli" attualmente in corso, fra cui anche un appello ai parlamentari.