martedì 19 marzo 2013

Il divario fra Centro-Nord e Sud continua a crescere


Il divario crescente fra Centro-Nord e Sud è misurabile utilizzando vari termini di raffronto.  Recentemente, alcuni dati pubblicati dall'Istat e dall'Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ) permettono di comprendere l’entità dell’attuale divario e le probabili drammatiche traiettorie che sono già evidenti e che non fanno prevedere nulla di positivo nel breve e medio termine per la condizione economica dei nostri territori.

Il primo dato è il confronto fra il Prodotto Interno Lordo (PIL) del Centro-Nord e quello del Sud.  Il PIL misura il valore totale dei beni e servizi prodotti in una specifica zona geografica (come una nazione) nel corso di un anno, e destinati al consumo dell'acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle esportazioni nette (ovvero le esportazioni totali meno le importazioni totali). Negli ultimi quattro anni, il PIL degli ex territori del Regno delle Due Sicilie è calato da 395 a 365 miliardi di euro, pari a un decremento del 6,8%.  Il PIL dei nostri territori oggi è pari a circa il 24% del PIL italiano.  Nel 2012, il PIL nel Sud è sceso del 3%, quasi il doppio del centro-nord, e le previsioni per il 2013 sono ancora più devastanti.



Secondo il rapporto SVIMEZ per il 2011, il divario fra le regioni del Sud e quelle del Centro-Nord è ben descritto dai dati riguardanti il reddito pro-capite, ovvero dal PIL regionale diviso per il numero degli abitanti. Diverse regioni del Nord registrano un reddito pro-capite che supera i 30 mila euro, come la Valle d’Aosta con 32.602 euro, la Lombardia con 32.538, il Trentino Alto Adige con 32.288, l’Emilia Romagna con 31.524, mentre le Regioni del Sud si collocano fra i 16.448 euro della Campania e i 21.980 dell’Abruzzo. Il rapporto fra la migliore regione del Nord, la Val d’Aosta, e la peggiore del Sud, la Campania, è quasi di 2 a 1.

Fra i vari fattori che hanno inciso sulla diminuzione del PIL, c’è stato il grosso taglio degli investimenti pubblici, che nel Sud sono stati ridotti molto di più che al Centro-Nord.  Secondo Adriano Giannola, presidente dello SVIMEZ, “Se al Sud fosse stato operato un taglio di risorse pubbliche pari a quello del Nord, nel 2012 il crollo del PIL si sarebbe fermato all’1,7%” invece del 3%.  Secondo i dati forniti dallo SVIMEZ, nel 2012 la riduzione degli investimenti pubblici ha diminuito il PIL del Mezzogiorno dello 0,9% e per il 2013 la previsione è dell’1,1% di riduzione.

Anche un secondo dato, pubblicato a febbraio dall’Istat, descrive bene il divario fra Centro-Nord e Sud evidenziando la distribuzione del reddito per abitante fra Nord e Sud.  Al Nord il reddito per abitante è 20.800 euro. Scende a 19.300 euro al Centro e a 13.400 euro nel Meridione.  Il reddito mediano delle famiglie che vivono nei nostri territori rispetto a quello delle famiglie residenti al Nord è sceso dal 76% del 2009 al 73% del 2010.

Sempre secondo i dati elaborati dall’Istat nel 2011, la povertà relativa, definita in termini del valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera, include il 4,9% delle famiglia al Nord, il 6,4% di quelle al Centro, contro il 23,3% di quelle nel Sud.  Anche in termini di povertà assoluta, che utilizza un paniere essenziale e minimo di beni e servizi, il Sud registra cifre altissime con il l’8% delle famiglie da considerare povere, contro il 4,1% del Centro e il 3,6% del Nord.

Il quadro statistico descrive una condizione drammatica per le famiglie del Sud e non promette nulla di positivo rispetto alle sue prospettive economiche nel breve e medio termine.  Il nuovo Parlamento, eletto lo scorso 24 e 25 febbraio, è composto da una vasta maggioranza di deputati che non si ispirano al riscatto e al rilancio dei nostri territori, ma rispondono direttamente a disposizioni politiche legate agli interessi tosco padani, che siano di destra, di centro o di sinistra.  Una reale inversione di tendenza per il Sud potrà avvenire solo se la popolazione prenderà coscienza della sua condizione di sottomissione agli interessi tosco-padani e se dal Sud e nel Sud emergerà una classe dirigente identitaria, professionalmente capace e realmente dedita al territorio.