mercoledì 26 dicembre 2012

La Basilicata sfruttata dall’Italia e mal gestita dai politici locali

La gestione della risorsa petrolifera della Basilicata penalizza le popolazioni locali dal punto di vista del ritorno in termini di royalties, del trattamento dell’ambiente e dell’investimento che lo Stato italiano, la Regione e i comuni fanno con i fondi delle royalties.

In Val d'Agri sono attivi oggi trentanove pozzi dai quali sono estratti giornalmente circa 90 mila barili di greggio e circa 3,5 milioni di metri cubi di gas. L’estrazione lucana è importante per l’Italia perché forma l'80% della produzione nazionale, coprendo circa il 6% del fabbisogno nazionale.



grafico: L'Espresso on-line, 15 marzo 2012


In Italia, le royalties sono stabilite per legge e l’ultimo aggiornamento, quella della legge n. 99/2009, prevede una percentuale del 10% per le concessioni sulla terra ferma, mentre stabilisce che le royalties per le estrazioni a mare sono del 4% per il petrolio e del 7% per quelle del gas.

L’articolo 20 del Decreto Legislativo 25 novembre 1996, n. 625 stabilisce la ripartizione delle royalties per l’estrazione d’idrocarburi. Per la terraferma è distribuita per il 30% allo Stato, il 55% alle Regioni, e il 15% ai Comuni.  Nelle Regioni a statuto ordinario che sono comprese nell’Obiettivo 1 dell’Unione Europea, ovvero quelle regioni dove il prodotto interno lordo (PIL) pro-capite è inferiore al 75% della media comunitaria, la quota del 30% dello Stato è assegnata direttamente alle Regioni.  La Basilicata rientra fra le Regioni italiane comprese nell’Obiettivo 1, assieme a tutto il Sud continentale, la Sicilia e la Sardegna.  Per le estrazioni offshore la suddivisione è per il 45% allo Stato e per il 55% alla Regione adiacente per produzione entro la fascia delle 12 miglia.

Dal 2000 al 2011, la Basilicata ha incassato quasi 700 milioni di euro in royalties. Nel 2011, il totale delle royalties girate alla Regione Basilicata e ai sei comuni interessati è stato di 77,242 milioni di Euro.  Lo Stato italiano ha anche distribuito in Basilicata la sua quota di royalties, pari a circa 33 milioni di Euro, fornendo ai patentati residenti nella Regione delle card del valore di 100 Euro per l’acquisto del carburante, pari a circa due pieni ogni anno.

Le quote delle royalties, decise dallo Stato italiano, sono inferiori a quelle che si pagano mediamente nel resto del mondo.  Negli Stati Uniti, la media è del 12,5% con punte del 18,5%.  Considerando che dalla Basilicata si estrae l’80% della produzione nazionale d’idrocarburi, sembrerebbe che la Basilicata stia fornendo un sussidio al resto del Paese, rispetto alle royalties incluse nel prezzo del greggio importato.

Le trivellazioni in Basilicata negli ultimi 20 anni hanno creato in pieno Parco Nazionale dell'Appennino Lucano il più grande impianto estrattivo europeo su terra ferma, bloccando in modo definitivo aspirazione per un modello e uno sviluppo alternativo fatto di turismo naturalistico, agricoltura di qualità e prodotti tipici.  Nel dossier “Mal’aria industriale”, pubblicato da Legambiente nel 2010, si legge che "A distanza di 11 anni dalla stipula dell'accordo si attende ancora l'affidamento operativo del sistema di monitoraggio nonostante l'urgenza dettata dai pochi e disorganici dati oggi disponibili" e che "il numero ancora troppo esiguo di centraline impedisce di avere a disposizione dei dati in maniera costante per tutto l'arco dell'anno.”  In Regione, mentre il presidente Vito De Filippo nega che ci siano problemi di monitoraggio, la dott.ssa Gabriella Cauzillo, responsabile del Centro operativo regionale dell'Osservatorio epidemiologico lucano, ha dichiarato che "L'incidenza dei tumori maligni in Basilicata è in aumento e lo confermo. Inoltre, la velocità di aumento dell'incidenza da noi è superiore".

La scelta di procedere verso lo sfruttamento dell’estrazione di idrocarburi, con la conseguente pioggia di entrate, avrebbe potuto permettere alla Basilicata di creare una forte base infrastrutturale per favorire lo sviluppo del territorio, innalzando il PIL, riducendo la disoccupazione e bloccando l’emigrazione.  Dopo 20 anni e centinaia di milioni di euro di introiti, la Basilicata non ha un sistema ferroviario adeguato, il PIL del 2010 è scivolato dell’1,3% rispetto al 2009, la disoccupazione giovanile ha toccato il 42%, mentre 3.550 persone hanno lasciato la Regione, su una popolazione di 588 mila abitanti, mentre ne sono arrivati solo 1.300.

Che fine fanno i soldi che provengono dalle royalties?  Secondo Alessandro Citarella, esponente dei Meridionalisti Democratici, “sembrerebbe che in Basilicata Vito De Filippo stia replicando il sistema messo su da Bassolino in Campania, perché la concentrazione della spesa va verso quelle forme di occupazione che garantiscono il consenso, il voto”.  Infatti, secondo Citarella, “non c’è da sorprendersi che il governatore Vito De Filippo, del Pd, sia stato rieletto nel 2010 con una valanga di voti, oserei dire alla Bassolino, pari al 60,8%”.  Citarella nota, tuttavia, che “mentre la fine di Bassolino ha avuto inizio quando è venuta a mancare l’erogazione di fondi europei, De Filippo può contare su un costante flusso di denaro con gli idrocarburi.”

Secondo alcuni dati forniti dalla Regione su richiesta della Corte dei Conti, le maggiori cifre sono state spese per investimenti in Val d’Agri, forestazione, la riduzione del costo dell’energia, il reddito di cittadinanza e l’Università.  E’ interessante notare che l’Università impiega 312 docenti e circa 300 amministrativi, ma ha prodotto solo quattro “spin off” negli ultimi 10 anni, penultima in Italia dopo il Molise.  Anche la Regione sembra essere in odore di “assistenzialismo” a sfondo politico con ben 985 dipendenti su una popolazione di 588 mila abitanti.

Non ci sono tracce d’investimenti per le infrastrutture per collegare meglio la Basilicata con il resto dei territori e anche all’interno della Regione stessa. Ancora oggi per andare da Potenza a Napoli in treno ci vogliono due ore per coprire una distanza di circa 150 km, utilizzando treni interregionali.