L’area a freddo dell’ILVA di
Taranto è chiusa per sequestro giudiziario, senza che le forze
politiche centrali e locali abbiano mosso un dito a tutela
dell’occupazione, della salute e del territorio.
Lo sfruttamento selvaggio post
coloniale del territorio tarantino e delle risorse umane correlate ha
condotto a una falsa dicotomia tra la produzione siderurgica e gli
elementi lavoro/tutela della salute/ eco-compatibilità.
La speculazione dello Stato prima, del
gruppo privato Riva poi, ha condotto alla situazione attuale di 5.000
posti di lavoro a rischio, senza che sia stato approntato il piano di
risanamento dei territori avvelenati da diossine e idrocarburi e
soprattutto senza alcuna certezza di tutela della salute per
l’insorgenza di malattie per esposizione con effetti sulla salute a
lungo termine (tumori solidi e leucemie/linfomi).
Riteniamo che i magistrati non abbiano
sbagliato nell’applicare la legge che blocca qualsiasi produzione
industriale in presenza di possibili danni irreversibili alla salute
e all’ambiente. I veri colpevoli del disastro sociale tarantino
sono la proprietà, lo Stato, le istituzioni e gli organi di
vigilanza locali: latitanti e assenti.
L’ILVA di Taranto può e deve restare
un polo produttivo di eccellenza nel panorama della siderurgia
internazionale e può farlo se si attuano politiche di ammodernamento
degli impianti in congiunzione alle doverose bonifiche del
territorio, ma questo prevede un cambio di registro ed a pagare deve
essere solo ed esclusivamente chi ne ha tratto fino ad ora puro
profitto economico.
Solidali e presenti a
tutte le manifestazioni di lotta democratica per la tutela
dell’occupazione, della salute e dell’ecosistema tarantino
Meridionalisti Democratici -federalisti europei – Napoli 27 /11/2012