
Berlusconi e la Lega hanno governato l’Italia per 8 degli ultimi 11 anni, ed in due occasioni, con il Berlusconi II (dal giugno 2001 all’aprile 2005) e il Berlusconi IV (dal maggio 2008 al novembre 2011), hanno potuto governare liberamente per periodi relativamente lunghi, (tre anni e dieci mesi nel primo caso e tre anni e sei mesi nel secondo), con maggioranze
subordinate alle esigenze poste dalla base leghista rispetto al federalismo fiscale, gli interventi dello Stato a favore del Sud e le riforme istituzionali .
Negli ultimi 11 anni, il Sud ha visto un aumento drastico della disoccupazione, la chiusura di fabbriche, una nuova “transumanza” di giovani verso il Nord e l’estero, l’eliminazione progressiva e sistematica delle poche infrastrutture, dalle stazioni ferroviarie alle tratte stesse, e finanche l’eliminazione degli autori del Sud dai libri di testo delle scuole. Dal 2007 al 2011, durante il Berlusconi IV, il Sud ha visto il suo Prodotto interno lordo (Pil) diminuire del 6,8%. L’occupazione nel Sud è calata di 330 mila unità fra il 2007 e il 2012 mentre, nello stesso periodo, al centro nord è aumentata di 32 mila unità.

Con le elezioni del 24 e 25 febbraio 2013, Silvio Berlusconi si presenta ancora una volta alle popolazioni dei nostri territori per chiedere il voto, promettendo tutto, dall’eliminazione dell’IMU a quella di Equitalia.
E’ un uomo molto coraggioso, ma forse più di lui sono coraggiosi i suoi ex ministri meridionali, come la salernitana Mara Carfagna e la siracusana Stefania Prestigiacomo, che hanno votato senza vergogna e senza esitazioni a favore di provvedimenti penalizzanti per i nostri territori, in perfetta linea con quanto proposto dalla Lega Nord. Il federalismo avvelenato, come lo definisce il meridionalista Marco Esposito, è il prodotto del matrimonio fra la Lega Nord e Silvio Berlusconi nelle sue varie vesti, da Forza Italia al Popolo della Libertà. Un voto meridionale a Silvio Berlusconi e alla sua coalizione leghista sarà un atto grave di autolesionismo della gente dei nostri territori, ancora illusa che la promessa elettorale possa trasformarsi nel posto di lavoro o nel famoso “pacco di pasta”.